Liberazione

Esco dal metro pensando di trovare il mio gruppo, con cui studio lo djembè, tamburo africano di Tanzania. Mi aspetto una ventina di persone, e mi accorgo di star uscendo con una fiumana di gente. Corso di Porta Venezia è coperta di gente: c’è un corteo che aspetta di sfilare. Un signore anziano accanto a me, è occupato ad arrotolarsi intono al collo un fazzoletto verde e rosso.
AH, che Liberazione! Cento cinquanta milioni di morti in sei anni. Finalmente finita. Ci fu mai più grande Liberazione? Poi ci saranno state meschinerie, guerrigliette, e ogni male che volete, crimini, gruppi mafiosi, ma che Liberazione fu quella, di cui le vie di Milano ancora ricordano in silenzio come foto trasparenti evanescenti gli entusiasmi.
Sono in un corteo-che-aspetta-di-sfilare, la mia mente ripesca una serie di fotografie , le sovrappone. Quando ero all’Università e di cortei ce n’erano ogni tre per due, ed erano anche accompagnati da un po’ di paura. Cortei non sempre autorizzati. Polizia arrabbiata con gli studenti. Studenti arrabbiati con la polizia. Beh, non ci si capiva. Tiro al sanpietrino. Botte. Lacrimogeni. Poca roba… se pensiamo ai trafferugli sparsi per il mondo.

La seconda guerra mondiale ha causato 150 milioni di morti in 6 anni, un ottimo motivo per festeggiare la liberazione
La seconda guerra mondiale ha causato 150 milioni di morti in 6 anni, un ottimo motivo per festeggiare la liberazione

Nel vedere la gente tranquilla e contenta e al sole, “uno, cento, mille, cortei”, mi viene in mente l’augurio:”ah se ci fosse più spesso, come oggi, sempre qualcosa da celebrare.”
Da un numero enorme di anni non vedo cortei. I primi erano di ragazzi arrabbiati, pensavano di lottare per un mondo diverso.
Poi c’è un lasso di tempo un intetrito, Tatcher da una parte, Reagan dall’altra, i sogni erano finiti, la fiducia nel cambiare il mondo con la “politica” del Movimento Studentesco e dei gruppi extraparlamentari. C’erano cortei seri e duri, per problemi drammatici dei lavoratori, di cui leggevo, distrattamente sui giornali.

Ma oggi… il mio gruppo che si chiama Karamogo, sta già suonando, ciascuno con il djembé legato alla schiena e alla pancia. Il gruppo delle ballerine-ballerini, con in mano un fazzoletto rosso e uno bianco, vestiti di rosso e di bianco, di stavano disponendo davanti a quelli con il djembé, sotto lo striscione di Emergency.
C’e una bandiera della Pace enorme. Sgargiante, copre in larghezza Corso Venezia, è lunga lunga, i bambini ci giocano accovacciati sotto mentre gli uomini si danno da fare per tenerla distesa.
Non che mancassero manifesti politici. Poca cosa. La caricatura di un Presidente straniero. Ora che il Potere è diventato tanto nascosto, ci sentiamo liberi, lo siamo, siamo anche pieni di benessere, e i piccoli gruppi con slogan politici sono bricioline, macché, meno ancora, al tavolo della sala dei banchetti del potere mondiale. Per poco che dicano gli striscioncini, ci ricordano che siamo in regime democratico: possiamo parlare.
Le scale del metro di Palestro continuano a far uscire folle, che si smaltiscono andando verso la testa del corteo.
Quando il corteo si mosse, i ragazzi dal tamburo non presero un ritmo da sfilata, e il gruppo di ballerine diedero uno spettacolo affascinante. Dove ho mai visto una danza così? In nessun posto. Evviva, neanche dai venditori di spettacoli, tipo televisione.
Tutti stanno fotogrando, ai lati del corteo. Il ritmo è particolare, i danzatori sono piovuti da un mondo dove danzare è un’altra cosa…penso al Brasile. Al Samba e agli altri ritmi brasiliani. Fondati sul ritmo anch’essi, ammalianti, che ti costringono a ballare.
Ma non hanno questi ritmi un po’ “extraterresti”, questi movimenti simmetrici che sembrano impadronirsi dello spazio intorno al corpo. Forse avevano un significato profondo per la vita, Quando nacquero, secoli o millenni fa, queste danze dovevano avere un significato che si intrecciava agli altri significati della vita.
“Senti, questi sono ritmi ancestrali, li abbiamo dentro. Li sentiamo con il cuore.” Sta dicendo un uomo al suo bambino, che avrà cinque sei anni.
Quanto piacere mi fa imbattermi in un poeta, in corso Venezia! Un uomo che ha un sentimento ampio della vita umana… fortunato il suo figliolino.
Dell’origine dei tamburi si dice che essi fossero, letteralmente, la voce della Terra. Ed erano solo le donne incaricate a farli suonare.
Si scavava una buca nel terreno, e si ricopriva con un bell’asse di legno. Poi, percuotendo il legno, la cavità, la terra suonava.
Sono sotto il sole da due ore, ho già bevuto mezzo litro d’acqua e una lattina di bibita, non arriverò mai alla meta del corteo. Da San Babila – un’ora di corteo per arrivare a San Babila – e altre due ore fino alla meta.
I suonatori di djembé scaricano il caldo suonando ancora meglio.
 
La Festa della Liberazione, dal punto di vista di alcuni Liberatori che vivono altrove
Loro – coloro che vissero anni tremendi, quando il Male si scatenò sulla Terra più di quanto la Storia ne abbia ricordo – loro che erano bambini, donne, uomini che lottavano rischiando orrori su orrori assistendo a orrori, contro un nemico dei più atroci che la Storia ha conosciuto – Loro aspettano il corteo, vedono già la gente che serpeggia, come in un sogno, o una fotografia, lungo le strade della città. Loro che lasciarono la guerra prima della Liberazione
“Anche quest’anno ci hanno pensato”, dicono soddisfatti, soddisfatti più che altro per noi. Loro che sono nel Paradiso dei Martiri, degli Eroi. Qualcun è andato a chiacchierare al Cimitero degli Alleati, a Trenno. Qualche ragazzo degli Alleati è andato a chiacchierare con i Partigiani. Non che per Loro lo spazio sia una gran difficoltà.
Sorridono con un po’ di ironia ai cartelli delle manifestazioni. A quanto chiedono questi piccoli gruppi. Loro che vissero tra il ’39 e il’ 45, e conoscevano la Parola di Verità come Arma, la Parola come tortura, la Parola come il peggiore tabù.
Ricordano quanto vedevano, e vedevano già dall’alto, dall’altrove, i loro camion percorrere Milano distribuendo doni per tutti.
La Loro entrata era il più grande dono. Ricordano un entusiasmo supremo, quasi come la felicità celestiale in cui già abitavano… L’unione tra Combattenti liberatori anglosassoni di tutto il mondo arrivati fin qua per noi… in questa Italia piccolina e salvata dalla lotta di Combattenti che si erano uniti da soli, inventati da soli un esercito per tentare di salvarsi.
Un Angelo di quelli più grandi: quante ali aveva, sei, sette, benedisse (era il suo mestiere) la Manifestazione del 2018 e coloro i cui corpi riposavano nella terra, in questo incontro tra Vivi e Morti, incontro i cui le Anime erano ugualmente vive in entrambe le sponde. Ricordò a Partigiani e Alleati “ah sì, siete nella beatitudine, ma loro ancora no. Guardateli: lo vedete che hanno ogni genere di problema. Ricordate il vostro dovere: aiutarli.”
Stanchi e soddisfatti, i partecipanti al corteo si scioglievano in piccoli gruppi davanti al Cimitero Maggiore.
 
OGGI È IL 25 APRILE

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