A COSA SERVONO LE EMOZIONI

Non sono gli eventi che influenzano gli uomini, ma l’idea che essi ne hanno — Epitteto, (50-130 d.C.)

A COSA SERVONO LE EMOZIONI?

Le emozioni sono impulsi all’azione.

L’evoluzione biologica ci ha dotato di questi piani d’azione per gestire le emergenze della vita nel momento in cui si presentano.

Ogni emozione ha un ruolo unico, con caratteristiche fisiologiche distintive che preparano il corpo a un tipo di risposta specifico.

La funzione delle emozioni che proviamo è quella di adattarci all’ambiente, salvaguardandoci dai pericoli. Nasciamo con la capacità di provare emozioni, le stesse che per milioni di anni hanno aiutato i nostri remoti antenati a sopravvivere.

Le nostre emozioni ci avvertono del pericolo, e insieme, attivano in automatico una risposta fisiologicamente adatta a superare il pericolo specifico.

Per esempio:

nella COLLERA – Il sangue affluisce alle mani (questo rende più facile sferrare un pugno a un avversario o afferrare un’arma); la frequenza cardiaca aumenta e una scarica di ormoni (fra cui l’adrenalina), genera un impulso di energia forte, che permette un’azione vigorosa.

nella PAURA – Il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, come quelli delle gambe, rendendo così più facile la fuga.
Il volto è meno irrorato (si impallidisce) e il corpo si immobilizza.

Quando c’è paura o collera, contemporaneamente i circuiti dei centri cerebrali preposti a regolare la vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l’organismo in uno stato di allerta, preparandolo all’azione e acutizzando l’attenzione per valutare quale sia la risposta migliore alla minaccia che si è presentata (Sindrome generale di adattamento, o “stress”).

L’AMORE il senso di tenerezza e di soddisfazione sessuale comportano il risveglio del sistema parasimpatico: è la mobilitazione opposta a quella della reazione “combattimento o fuga” innescata dalla paura o dalla collera.

La modalità parasimpatica è una “risposta di rilassamento”, con reazioni che interessano tutto l’organismo e inducono uno stato generale di calma e soddisfazione tale da facilitare la cooperazione.

LA FELICITÀ provoca un particolare cambiamento biologico:

  • aumenta l’attività di un centro cerebrale che inibisce i sentimenti negativi
  • e aumenta la disponibilità di energia.
Vengono inibiti i centri che generano pensieri angosciosi.

All’organismo viene offerto un generale riposo, che lo rende disponibile ed entusiasta nei riguardi di compiti che debba intraprendere, e pronto a battersi per degli obiettivi.

LA TRISTEZZA Ha la funzione di farci adeguare a una perdita significativa, come una grande delusione, o la morte di qualcuno che ci era vicino. Si ha una caduta di energia ed entusiasmo verso le attività della vita. Ci si chiude in sé stessi.

Quando la tristezza diventa più profonda, ha l’effetto di rallentare il metabolismo.

Il calo di energia può essere d’aiuto nel ritirarsi e elaborare un lutto, inserendone le conseguenze nella propria vita.

Perché ci occorre imparare a gestire le emozioni?

Purtroppo questi perfetti meccanismi biologici di adattamento all’ambiente, che sono i nostri, si trovano nel corpo-mente di creature che devono adattarsi ad ambienti fisici e sociali molto diversi, e molto più complessi, di quelli in cui tali meccanismi si erano lentamente formati, plasmati dalle esigenze di sopravvivere al meglio in quegli ambienti.

È necessario quindi imparare ad adattare il nostro corredo emozionale biologico alle richieste che ci fanno il mondo fisico, la vita sociale, e i nostri stessi obiettivi.

Per imparare questo, occorre sviluppare la coscienza razionale, con le sue capacità di analizzare e confrontare situazioni, per modulare una risposta emotiva biologica in modo tale che risulti utile a sé e agli altri; perché l’emozione grezza, da sola, può avere effetti distruttivi.

Ciò che rende le nostre emozioni spesso ben poco adattive è proprio la loro origine remota.

I fondamentali circuiti neurali delle emozioni sono i meccanismi che si sono rivelati più funzionali nelle ultime 50.000 (cinquantamila) generazioni umane.

Le nostre emozioni sono state plasmate da forze evolutive lente e sapienti, che hanno impiegato 1.000.000 (un milione) di anni per realizzare il loro lavoro, cioè i dispositivi emotivi di cui siamo oggi dotati.

Siamo diventati Homo Sapiens solo da centomila anni, e abbiamo cominciato a praticare l’agricoltura da diecimila anni, e solo in qualche zona del pianeta. Siamo stati quindi cacciatori-raccoglitori per il 99 per cento del tempo dell’esistenza della nostra specie, e le nostre emozioni sono “tarate” ancora per l’adattamento alla vita in quel genere di ambiente!

L’ascesa della civiltà e l’aumento del numero della popolazione umana, che è iniziata 10.000 mila anni, fa ha intaccato poco il corredo emotivo, con le sue reazioni adatte alle condizioni della vita umana nel Pleistocene.

Ma sono quelle le emozioni con cui ancora oggi ci troviamo ad affrontare e risolvere gli eventi e le relazioni nella nostra quotidianità, che si svolge in un mondo estremamente diverso e infinitamente più complesso di quello che ha forgiato le nostre risposte emotive. Queste reazioni emotive biologicamente programmate si rivelano spesso inadatte per rispondere alle sfide dei nostri tempi.

È vero che nel fronteggiare conflitti e difficoltà intervengono anche gli apprendimenti avuti nel corso della nostra storia personale, e soprattutto l’uso della facoltà razionale e della discriminazione.