Indovinello

Se non avete visto il film Dunkirk e non sapete la Storia, allora eccovi qua un indovinello.
Abbiamo quattrocentomila soldati inglesi sulla spiaggia di Dunquerque, Francia, confinati lì dall’incalzare dei carri armati nazisti. Sono in fila. Ogni tanto gli aerei nazisti li sorvolano mitragliando, i soldati si buttano per terra. Finiti gli spari, alcuni si alzano, altri no. Silenzio.
Il Generale e il Colonnello, parlano tra di loro all’estremità del molo, sperano di riuscire a rimpatriarne 40mila. Churchill ne aspetta 35mila. Il massacro è molto probabile, un miracolo meno. Si sa che i miracoli sono rari.
Come andò che ne furono salvati 300 mila?
Le scene di questo film, in stile minimal sono tanto più drammatiche. Nessuno esprime emozioni. Fight, flight or freeze. Qua non resta che essere agghiacciati.
Ci sentiamo nell’assurdo puro, più che in un episodio di guerra. – Non che la guerra non sia sempre assurda.
Qualche nave inglese riesce a fermarsi al largo (a Dunquerque l’acqua è bassa per chilometri, e in più ci sono le basse maree). Dal molo costruito dagli inglesi i soldati si imbarcano, i feriti e i barellieri, entrano in una nave segnata da enormi Croci Rosse.
Torniamo un momento all’umano quando le infermiere accogliendo feriti e barellieri nella nave della Croce Rossa, dicono, “scendete ragazzi, c’è il the”, e vediamo i soldati con le tazze in mano che prendono cibo da qualche vassoio. Pochi minuti dopo un missile affonda la nave, e la grande insegna della Croce Rossa scompare sott’acqua. Chi può si butta in mare e chi ci riesce cerca di riportarlo sul molo.
La nave precedente, carica di soldati in fila sui ponti ha fatto la stessa fine, bombardata dagli aerei nazisti. Beh.
Abbiamo visto fin dall’inizio del film una storia parallela. Una piccola barca francese, di padre e figlio, viene incaricata di affiancare le navi portando salvagenti per i soldati che si buttano giù dalle navi bombardate in procinto di affondare. All’ultimo momento balza sulla barca un ragazzino diciassettenne. Dice che vuol fare qualcosa di utile, i suoi e a scuola lo rimproverano perché non fa mai abbastanza. “Magari finirò fotografato sul giornale come un eroe” . Il ragazzino si adopera ad accudire un soldato fuori di testa (shell shock), fatto salire sulla piccola barca dopo esser rimasto chissà quanto su un relitto.
La barca presto è stipata di soldati neri di nafta. Uno di loro dà una spinta al ragazzino sdraiato, per spostarlo e farsi posto.
“Ehi tu trattalo bene”, dice il padrone della barca. “È morto”, dice il soldato di prima. “Allora trattalo bene a maggior ragione.”
Poco prima, senza volere con i suoi movimenti inconsulti, il soldato terrorizzato lo aveva colpito. Quando il soldato preso da shell shock rientra in sé, chiede come sta il ragazzino. “Sta bene“, gli dice il padrone della barca, nascondendogli che lo ha ucciso per non ferirlo ancora.
Il Colonello sempre fisso in piedi all’estremità del molo, con le lacrime agli occhi, vede l’orizzonte coperto di strane forme scure. Prende il binocolo, “Home” dice con la tranquilla intensità del grande Kenneth Barnagh.
Le forme si avvicinano e, in una scena che allarga il cuore, vediamo il mare coperto da una miriade di barchette, disseminate a poca distanza l’una dall’altra.
Il popolo inglese va a salvare il popolo inglese. Tutti i pescherecci, yacht e quant’altro navighi in Gran Bretagna sta andando a Dunquerque. Pescano poco, così arrivano sulla spiaggia e i soldati riescono a salire.
(Se per curiosità volete andare su Wikipedia inglese c’è l’esatto elenco di quali e quante furono quelle imbarcazioni salvifiche.)
Un soldato arriva a bianche scogliere e dice “Dover”. “Home” gli risponde l’altro. Sbarcati trovano la gente lì preparata a nutrire e coprire i ragazzi. che si meravigliano, si aspettavano disprezzo per la sconfitta. Dicono “non abbiamo fatto niente!.” “Siete sopravvissuti” E in prima pagina sul giornale c’è già la foto del ragazzino francese.
Dunkirk ha una sottile vena di tenerezza, malgrado la secchezza delle immagini.
C’è stato tanto amore nelle migliaia di barchette andate oltre il Canale e tornate sotto il fuoco nazista.
L’indovinello è risolto. Le barchette hanno salvato 300 mila soldati.
 

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