GUARIRE LE DIPENDENZE AFFETTIVE

Ci troviamo imbrigliati in dipendenze affettive compulsive nei rapporti con amanti, coniugi o figli; talvolta anche con amici e colleghi. A dispetto della nostra volontà.

Il potere forte che le dipendenze hanno sull’essere umano è il permettere di sottrarsi al pericolo del non-essere.

Fortunatamente oggi sappiamo che esiste la cura per le dipendenze affettive, così come per le dipendenze da sostanze.


Il senso di esistere, il senso di sé, nasce da una relazione: quella del bambino (fin dalla nascita) con la persona che più si prende cura di lui (caregiver). E’ una relazione buona, dove l’adulto vede, ascolta il piccolo ed è sintonizzato con lui/lei. In questa relazione d’amore il bambino non prova mai l’abbandono, ma sente l’appartenenza del genitore con lui e di lui con il genitore, nel calore della vicinanza e dell’essere vivi. La certezza di avere un porto sicuro.

L’esperienza della relazione buona consente di amare se stessi, l’Altro e il mondo. Invece le relazioni affettive compulsive si consumano in un circolo vizioso di passaggi dal senso di esser abbandonati a un momentaneo senso di esser amati e di valere, per poi sperimentare di nuovo l’abbandono…e così via.

I bambini vittime di trascuratezza e abuso, infatti, non si sentono esseri umani, ma oggetti privi di dignità e identità: un “Esso”, anziché un “Tu”. Questa è la “Ferita Primaria” (così chiamata dagli autori Firman e Gila): è il sentirsi tagliati fuori dalla vitale comunione del rapporto umano, il solo che ci fa sentire di esistere.

I portatori della ferita primaria, (che è vissuta come un’inconscia, o semiconscia caduta in un abisso di solitudine, isolamento e indegnità) possono diventare vittime di dipendenze compulsive, cioè di relazioni fondamentalmente distruttive, nel tentativo di ottenere un senso di appartenenza almeno momentaneo, e di sentirsi finalmente esistere.

Prima di cadere nei comportamenti che alimentano una dipendenza affettiva proviamo un senso di vuoto terrificante, un insostenibile senso di perdita, d’indegnità, di umiliazione, di abbandono: un senso di non-esistenza. Quando cediamo alla tentazione ed alimentiamo il comportamento compulsivo, per un momento acquistiamo il senso di essere, di esistere con pienezza, e di valere.

Ma le relazioni di dipendenza affettiva non sono relazioni buone, che possano costruire il senso di esistere, non hanno il valore di “Centro Unificatore” (definizione di Firman e Gila). come può averlo per esempio uno psicoterapeuta ( o, entro la prima adolescenza, un mentore, un insegnante, un parente ) che ami, veda e comprenda davvero la persona ferita.

La cura può essere difficile: inizia con lo sperimentare l’intensità dello stimolo-bisogno che tenta di condurci alla dipendenza. Un po’ come il bisogno di accendersi una sigaretta per il fumatore. Guadagniamo molto però, acquistando la nostra piena umanità e la nostra capacità di amare ed essere amati, e contribuiamo a guarire quella disfunzionalità della famiglia e della società che causa la Ferita Primaria.